lunedì 28 febbraio 2011

Tempo di carciofi e patè!

Finalmente il tempo dei carciofi sta arrivando e con lui pian piano la bella stagione...
ok, riconosco che non sono molte le persone che identificano gli ultimi giorni di freddo e l'arrivo della primavera con i carciofi, eppure è proprio questo il periodo in cui fanno di nuovo capolino nelle bancarelle dei mercati dopo la breve pausa invernale che si son concessi e, in qualche modo, preannunciano anche loro il ritorno della primavera.
E così oggi a vederli lì, sorridenti al supermercato, non ho saputo resistere e me ne sono portata a casa qualcuno. Di quelli belli tondeggianti, senza spine, teneri teneri come piacciono a me.



Sono davvero degli ortaggi versatili, che possono essere preparati in mille modi diversi, stufati, al forno, ripieni, ridotti a tortino, a frittata ecc. Io, come prevedibile, li preferisco fritti in pastella. Li mangi uno dopo l'altro senza neanche accorgertene, slurp!

Oggi, però, venendo da una settimana di bagordi gastronomici fatti di crocchette e dolci vari, ho preferito dedicarmi ad una ricetta più leggera rispetto alle frittelle (che prometto di postarvi presto) ed ho preparato un più salutista patè di carciofi.

E' una ricetta semplice, ma molto gustosa. Adatta praticamente a tutti dato che non contiene latticini e lattosio ed è senza glutine e uova. E pensate che questo patè lo mangia persino il FOM (se, come sempre, non dite che è fatto di verdure) per cui è adatta anche a tutta quella fascia, altamente comune fra la popolazione, di denigratori  delle verdure.

Ecco come dovete procedere per preparare una ciotola colma di patè.

Dosi: due bei carciofi senza spine, tondi e teneri, mezzo limone, olio extravergine d'oliva, qualche foglia d'alloro, due spicchi d'aglio, pepe bianco, sale.

Procedimento: Pulite bene i carciofi togliendo anche la barbetta interna. Se il gambo è tenero, potete lasciarlo. Tagliateli a metà e riponeteli in una casseruola con uno spicchio d'aglio e fateli stufare. Quando saranno cotti scolateli e metteteli in una padella dove avrete fatto soffriggere, in abbondante olio d'oliva extravergine, l'altro spicchio d'aglio tagliato finemente e le foglie d'alloro. Fateli rosolare bene, salateli e, nel frattempo, spaccateli e schiacciateli con un cucchiaio di legno.



Quando saranno ben rosolati spolverateli con un poco di pepe bianco macinato e toglieteli dal fuoco. Aggiustate di sale, se non sono abbastanza saporiti, e quindi, dopo aver tolto le foglie d'alloro, passate tutto il contenuto della padella con un minipimer. Quando si sarà formato un bel patè cremoso aggiungete il succo di mezzo limone e mescolate bene.



A questo punto il vostro patè è pronto. Potete servirlo in una ciotolina o direttamente su croccanti fette di pane. Se vi piace, quando è pronto, potete spolverarlo anche con una manciata di chicchi di sesamo, io trovo stiano benissimo.

domenica 27 febbraio 2011

Una torta di cioccolato, sì, ma da dove viene?



Vi propongo una ricetta che arriva dalla famiglia di una mia cara amica. LEI insiste nel dire che è una torta “fatta con la mano sinistra”, ovvero facile e poco impegnativa... leggera leggera! IO la trovo decisamente ricca e adatta sia come dessert sia come accompagnamento di un caffè forte o di un tè. In ogni caso vi chiedo: da dove viene? Magari questa ricetta proprio proprio non la conoscete, visto che era di sua nonna (per quando non aveva voglia di impegnarsi!), ma lo stile è abbastanza caratteristico di una certa area J

Ingredienti: burro g 125, cioccolato fondente classico g 150, vanillina 1 bustina, noci g 100, zucchero g 150, uova intere 3, farina 3 cucchiai colmi.

Tritate il cioccolato abbastanza finemente con un coltello. Sciogliere il burro a fuoco dolce (o al microonde) senza farlo friggere. Unite 100 g di cioccolato tritato, mescolare finché è ben amalgamato e lasciar intiepidire.

Passate al mixer le noci con lo zucchero, per ridurle in farina. Mettete da parte un cucchiaio raso di farina di noci, il resto versatelo in una ciotola dove lo mescolerete con la farina 00. Unite poi il burro, le uova e la vanillina. Amalgamate bene il tutto e versate in una teglia media (per es. se è tonda un diametro 24 cm, rettangolare un 28 x 20 circa) ma dai bordi alti, adeguatamente preparata.

Per preparare la teglia in alternativa i modi sono i soliti: a) rivestirla di uno strato di carta da forno; b) ungerla leggermente di burro o olio di semi e poi spolverarla di farina o semolino, come ho fatto io in questo caso; c) se è di silicone non ha bisogno di nulla.

Cuocere in forno a 150° per 25’. Sfornare e lasciar raffreddare. Solo ora si può decorarla distribuendo sulla superficie il cioccolato rimasto mescolato con le noci.

Il giorno dopo è ancora perfetta e anche il giorno dopo ancora, purché sia conservata al fresco e riusciate a resistere alla tentazione di tagliarvi fette notturne...

sabato 26 febbraio 2011

Non chiamateci arancini o supplì... siam crocchette di riso!!!

Visto che adesso avete ben chiare le nozioni di base per una buona frittura, bisogna farvi esercitare. E cosa c'è di meglio per esercitarsi a friggere, se non le crocchette di riso?



Badate bene. Ho detto crocchette di riso e non arancini. Quella che vi posto oggi infatti non è la ricetta siciliana degli arancini, ma una ricetta calabrese per fare le crocchette di riso. Direte voi, che cambia, sempre pallotte di riso fritto sono. E invece no, vi assicuro che le crocchette e gli arancini sono due mondi che, seppur intersecanti,  sono in realtà profondamente diversi. Prima di tutto si differenziano per aromi e colori: il riso dell'arancino classico è allo zafferano e quindi risulta sempre di un bel colorito giallo, mentre quello delle crocchette è cotto nel latte, per cui è di un candido bianco. E poi, ma non meno importante, c'è il ripieno, l'arancino classico ha un cuore di ragù di carne o verdure, mentre la crocchetta ha un filante ripieno di succulento formaggio. Per cui fate bene attenzione a non confonderli tra loro, le crocchette calabre sono molto suscettibili sulle questioni d'identità, si potrebbero offendere molte se confuse con i cugini siciliani! E meno che meno potrete permettervi di confonderli con un loro comune parente lontano di origini romane, il supplì di riso. Sarebbe proprio un sacrilegio!

Beh insomma per imparare a distinguerle bene dal parentume gastronomico vario (ed evitare così di scatenare faide territoriali) l'unica è imparare a prepararle, così da poterle gustare per bene.

Eccovi quindi la ricetta delle crocchette di riso.  Ovviamente è una ricetta di famiglia, per cui acqua in bocca, non diffondetela troppo in giro.

Dosi: 500 gr di riso, 1/2 litro di latte intero, 50 gr di burro, 3 uova circa, 50 grammi di parmigiano grattugiato, una provoletta ( o galbanino o qualsiasi altro formaggio che fila, ma non acquoso), la buccia grattugiata di un limone biologico, mollica di pane secco (pangrattato).

Procedimento: Fate bollire il riso in acqua salata fin quando non diventa al dente, quindi scolatelo e poi finite la cottura (possibilmente in una pentola che non attacca) con il mezzo litro di latte e il burro, mescolando per bene facendo in modo che non si attacchi sul fondo fin quando il latte non si sarà assorbito e il riso non sarà cotto.  Nel frattempo sbattete uno dei tuorli (conservate a parte l'albume perché vi servirà in seguito) e le due uova intere con il parmigiano grattugiato e poi aggiungetelo al riso, mescolando bene, insieme alla buccia del limone grattugiata finemente. A questo punto lasciate raffreddare. Se avete fretta spostate il riso dalla pentola in una ciotola, si raffredderà prima.
Quando il riso sarà freddo iniziate a preparare delle piccole crocchette con le mani, inserendo al centro di ognuna un pezzetto di provoletta (o altro formaggio che fila non acquoso). Dopo aver composto le crocchette passatele una alla volta nell'albume leggermente sbattuto e poi nella mollica di pane (pangrattato) facendole rotolare in modo che tutta la superficie sia coperta da albume e poi da pangrattato.


A questo punto preparate la padella per la frittura e quando l'olio è ben caldo, friggetele.

Son da servire appena fritte per potersi godere appieno il formaggio che fila quando le spezzate con i denti.

 

venerdì 25 febbraio 2011

In scena: “Tortino di testaroli al radicchio”

Attore protagonista: Tobi il lievoto madre (suo sostituto in caso di assenza: il Lievito di birra)- Attore co-protagonista: il radicchio dell’orto della mamma-  Voce fuori scena (brontolii): Rouge





Nel quotidiano problema di utilizzare il lievito madre, come spesso accade, ecco che risolvo con i testaroli. Sono in effetti una delle mie passioni, sarà per quel loro venire direttamente da un’altra epoca o per la semplicità e adattabilità del loro gusto o, ancora, per il fatto che ho un trisavolo di Pontremoli! Per questo piatto vi propongo la variante un poco più sottile, adatta per esser impilata così da formare un tortino. È una preparazione semplice, che può venir realizzata in anticipo per esser poi completata con un “passaggio” in forno all’ultimo momento.

...le dosi sono –haimé- indicative, ma credo che capirete comunque :-)

Ingredienti per un tortino (3 o 4 razioni):
testaroli:

-lievito madre un bicchiere (oppure mescolate ¼ della dose standard di lieito di birra con due cucchiai di farina e ½ bicchiere d’acqua tiepida e lasciate riposare un’oretta)

-farina 00 g 250 circa

-farina di castagne g 80 circa

-sale

-olio d’oliva
ripieno*

-radicchio rosso (trevisano, Verona, Chioggia, dell’orto a vostra scelta)

-olio d’oliva

-formaggio grattugiato

-sale e pepe

Inoltre vi serve una tortiera o una pirofila tonda per assemblare il tutto.

Per i testaroli: mescolate il lievito madre (o quello preparato con il lievito di birra) con le due farine e tanta acqua tiepida (NON calda bollente) quanta serve per ottenere una pastella un poco più densa di quella delle crepes. Lasciate riposare per un’oretta abbondante per dare il tempo al lievito di riprodursi, altrimenti è inutile usarlo, mentre invece esso è utile per dare consistenza ai testaroli e rende anche più digeribile la farina.

Trascorso questo tempo aggiungete alla pastella il sale e mescolate bene. Prendete poi una padella antiaderente dal fondo pesante e procedete come per le crepes e/o i testaroli, ma cercando di ottenere uno spessore di 2 o 3 mm (nel mio caso lo ottenevo versando un mestolo pieno di pastella. Dipende dalla larghezza della padella). Girate quando la pastella è praticamente rappresa e completate la cottura. Man mano che sono pronti, impilate i testaroli su un piatto.
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Ripieno. Lavate il radicchio e tagliatelo grossolanamente in pezzi (ma se lo preferite tagliato fine...fate come vi pare!). Versate appena un filo d’olio in una padella antiaderente e unite il radicchio. Fatelo appassire a fuoco vivace, senza aggiungere nient’altro (il radicchio ha già un suo sale interno di solito).
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Per assemblare il tortino: nell’ordine mettete testarolo + strato di radicchio, con sopra abbondante spolverata di formaggio e un’ombra di pepe, bagnato con qualche cucchiaio di un misto di olio d’oliva e acqua (mescolateli in una tazza. Servono perché il tortino sia morbido) +  testarolo + di nuovo radicchio ecc...... Finite con testarolo coperto solo da formaggio e completato con olio d’oliva (senza acqua).

Passate in forno per compattare il tutto e far sciogliere il formaggio. Completate con qualche minuto di grill se volete che si formi una bella crosta invitante. Servite caldissimo, tagliato a fette.

...Ed ecco la voce fuori scena: Rouge che dalla tribuna borbotta per un piatto vegetariano che proprio ma proprio a lui non va!!!! Meno male che ci sono i croccantini extra lusso già nella ciotola!!!!

*IN ALTERNATIVA per chi proprio non ama i radicchi si possono usare i PORRI (tutto il resto resta uguale e il risultato è molto gustoso!) o, per fare contento Rouge, semplicemente del SUGO D’ARROSTO con sopra la solita spolverata di formaggio. In questo caso però allungatelo con dell’acqua o il tortino vi verrà troppo secco.

giovedì 24 febbraio 2011

Frittura mon amour... perché farà pure male al fegato, ma è tanto buona!

Oggi al posto della ricetta giornaliera, ho deciso di parlarvi di una particolare tecnica di cottura a me molto cara: la frittura in olio!

So già che molti dei nostri più affezionati lettori storceranno il naso, "ma come la frittura?! Impuzzolentisce casa, vestiti e capelli, il cibo risulta unto, pesante e fa male, si sporca dappertutto..." Eh lo so, friggere presenta tanti difetti, eppure cosa c'è di più appetitoso (tralasciando ovviamente cioccolato e affini) di una calda frittella, di un bell'arancino, di una croccante patatina ben fritta?

D'altronde, questo metodo di cottura, così vilipeso, ha una storia antichissima, se, come si racconta, anche gli antichi Egizi usavano friggere gli alimenti e nell'antica Roma esistevano addirittura botteghe che si dedicavano solo a quello, come le odierne friggitorie.
E poi diciamocelo, noi meridionali la frittura ce l'abbiamo nel sangue. Siam capaci di friggere di tutto, pesce, carne, verdure, dolci... non esiste alimento commestibile che in qualche modo non riusciamo a friggere!

Ma così come la frittura è meravigliosa quando è ben fatta, allo stesso modo non c'è nulla di più triste di una frittella molliccia, di una ciambella spugnosa o di una polpetta bruciata.
Per cui ora bando alle ciance, eccovi alcuni piccoli consigli per friggere bene.

Utensili: Partiamo innanzitutto dagli strumenti. Infatti fra gli elementi essenziali per la frittura deve esserci una buona padella dai bordi alti o pentola (se si friggono cibi voluminosi).
Personalmente ciò che preferisco per friggere è la cara, vecchia padella di ferro. Non so se avete presente, quelle vecchie padelle che si trovavano ai mercati una volta, abbastanza sottili, ma non troppo e ovviamente interamente di ferro, manico compreso?! Ecco se avete ancora una di quelle padelle, usatela per friggere. Non esiste padella migliore.


In alternativa, se proprio il ferro non lo trovate (o vi disturba il fatto che non si possa lavare con acqua e sapone, mi riferisco a qualche igienista preso a caso) vanno bene anche le normali padelle dal fondo leggero (anche se, ovviamente, non sono la stessa cosa, almeno una volta nella vita una padella di ferro dovete provarla).
Insieme alla padella altri strumenti fondamentali sono la forchetta, per girare gli alimenti, e la schiumarola, ovvero quel cucchiaione gigante in acciaio, tutto bucherellato, che serve per tirare sù le pietanze quando sono cotte scolando bene l'olio.

Olio: Elemento essenziale per una buona frittura è, ovviamente, la materia grassa con cui friggere. Per dover di cronaca (mi costa ammetterlo) si può friggere anche nello strutto, ma se è questo l'argomento che vi interessa, è meglio che cambiate blog e anche molto velocemente... Per me, sia ben inteso, l'unico possibile tipo di grasso adatto alla frittura è l'olio.
Ma anche gli oli non sono tutti uguali e non tutti sono adatti per friggere.La prima qualità che deve avere un olio per frittura è la resistenza alle alte temperature. E' infatti essenziale per una buona frittura (e per la salute) che l'olio non raggiunga mai il "punto di fumo", ovvero la sua temperatura massima prima di iniziare a decomporsi. E quindi sono assolutamente da escludere per la frittura l'olio di semi vari, di soia, di girasole e di mais, perché resistono pochissimo alle alte temperature.
Per cui la scelta si restringe necessariamente all'olio extravergine di oliva e all'olio di arachidi. So che anche l'olio di palma raffinato dovrebbe essere adatto, ma non mi è mai capitato di sperimentare, per cui non so dirvi con precisione.

Personalmente ritengo che l'olio di arachidi sia più pratico per friggere, rispetto all'olio extravergine d'oliva. Prima di tutto perché costa di meno (e se friggete molto, vi assicuro che non è un elemento da trascurare) e poi perché ha un sapore meno intenso. La frittura con l'olio d'oliva infatti lascia un sapore più forte per cui non è adatta a tutti i tipi di cibo, soprattutto se dal sapore delicato. Per cui vi consiglierei tendenzialmente di evitare di friggere le patate in olio d'oliva, mentre, per esempio, è perfetto per friggere i dolci a base di uova come la pignolata.

Note importanti: Riempite la vostra padella con molto olio e tenetela a fuoco alto fin quando diventerà molto caldo. Per provare se frigge buttate una piccola mollica di pane, se torna in superficie circondata da mille bollicine vuol dire che l'olio è pronto. Solo a quel punto potete iniziare a friggere. Gli alimenti che friggete devono essere totalmente immersi nell'olio, paradossalmente più olio c'è in padella meno ne assorbiranno. Ricordatevi inoltre che i cibi più sono "acquosi" più olio tendono ad assorbire. Per questo motivo è sempre meglio friggere le verdure bene asciutte e in alcuni casi, come per le melanzane, metterle sotto pressa per fare uscire l'acqua prima di friggerli o non saranno ben croccanti.
Quando il cibo sarà cotto, scolatelo per bene con la schiumarola e adagiatelo sulla carta assorbente o, se preferite, sulle buste di carta del pane (sono perfette per assorbire l'olio della frittura, provare per credere). E voilà la frittura è pronta, servite tutto ben caldo!

mercoledì 23 febbraio 2011

Un’insalata dal cuore dell’inverno, con rose di radicchio e noci



In queste fredde giornate di febbraio, con la nebbia del mattino che presto lascia il posto ad una luce cristallina, negli orti i radicchi offrono i loro cuori più ricchi e croccanti. Come non rispondere al loro invito, portando in tavola il meglio che questa avara stagione pur ci offre? ...

...ok ok, lascio da parte gli esercizi di stile e vi dico perché mi trovo con il frigorifero pieno di radicchio. Mia madre ha deciso di vangare l’orto e ha tolto tutto quello che c’era, indovinate di cosa si trattava? In effetti però queste roselline scure sembrano proprio nel loro momento migliore, per cui sono più che contenta di potermi dedicare a quella che è indiscutibilmente una delle mie insalate preferite... vi ho già detto che sono una maniaca delle insalate? Ooook: ANCHE delle insalate. Lo so che ho troppe manie in cucina!



Ingredienti: radicchio rosso (nel mi caso i cuoricini, ma usate pure il tipo che preferite), gherigli di noci, pancetta salata, aceto di vino rosso (possibilmente barricato... altra mania), olio d’oliva.

Lavate e, se le foglie sono troppo grosse, spezzate il radicchio (o tagliatelo se è trevisano o Chioggia). Spezzate grossolanamente le noci. Tagliate la pancetta a bastoncini e ponetela in una padella antiaderente da sola. Fatela rosolare e quando è cotta versate aceto a piacere (dipende da quanto lo amate). Alzate il fuoco per far evaporare un poco e versate sul radicchio, unendo un poco di olio d’oliva crudo. Non serve sale.



Mescolare e servire immediatamente, altrimenti si smosciano sia i radicchi sia la pancetta! È un’insalata tiepida che può servire benissimo come antipasto o come accompagnamento ad arrosti o a un semplice piatto di formaggi.

Humor: ninja gobi!

martedì 22 febbraio 2011

Zuppa fusion... ovvero patate, ceci e quinoa con una spolverata di cumino!

Ho notato che fra tutti i post pubblicati non ce n'è nessuno di zuppe di verdura...
Dimenticanza imperdonabile! Soprattutto per me che adoro i minestroni e le zuppe di legumi, cereali e affini.

Rimedio subito proponendovi la ricetta di una zuppa che ho preparato qualche sera fa.
Gli ingredienti principali sono patate, peperoni, ceci, quinoa e un po' di spezie... ok l'ammetto, mi erano avanzate delle papas en amarillo, FOM si rifiutava di mangiarne ancora e allora le ho "riciclate" in questo modo! Però vi assicuro che è una zuppa davvero buona, da provare bella calda in queste fredde sere d'inverno.


Inoltre è un piatto perfetto per i vegani, grazie all'unione di cereali (quinoa) e legumi (ceci) che la rendono equilibrata dal punto di vista nutritivo e altamente proteica. E dato che la quinoa è priva di glutine è adatta anche per celiaci e intolleranti e non essendoci latte e derivati va bene anche per allergici al lattosio e simili. Insomma è praticamente adatta a tutti e nello stesso tempo molto saporita!

Ingredienti e dosi: 1,5 kg di patate, 2 cipolle, 1 spicchio d'aglio, 1 peperone, una tazza grande di ceci, 1 tazza di quinoa, una bustina di zafferano, un po' di cumino macinato, sale, olio extravergine d'oliva.

Preparazione: Tagliate le cipolle in modo grossolano e gli spicchi d'aglio finemente e metteteli a soffriggere in abbondante olio extravergine in una pentola capiente. Nel frattempo sbucciate le patate e tagliatele a pezzi, sciacquate i peperoni e poi tagliateli in striscioline sottili e versateli nel soffritto mescolando bene in modo da non far attaccare nulla sul fondo. A questo punto aggiungete le foglie d'alloro e la bustina di zafferano sciolta in un po' acqua. Fate soffriggere ancora un po', sempre mescolando rapidamente, e quindi coprite il tutto con dell'acqua, salate e fate cuocere lentamente a fuoco basso con un coperchio.
Quando le patate saranno cotte aggiungete la tazza di quinoa e i ceci (quest'ultimi ovviamente andranno aggiunti già cotti perché hanno un tempo di cottura troppo lungo per cuocerli con il resto delle verdure).



Se l'acqua si è asciugata troppo aggiungetene un po' man mano con un mestolo. Aggiungete quindi il cumino in polvere (una bella manciata, si deve sentire) e mescolate bene. Quando la quinoa è cotta togliete il coperchio e mescolate facendo asciugare un po' l'acqua e schiacciando le patate se son rimaste in pezzi troppo grossi, in modo da far diventare la zuppa cremosa. Aggiustate di sale, qualora ce ne fosse bisogno, e servite molto calda in ciotole, magari con un filo d'olio.
Ecco la vostra zuppa Eurasiamerinda è pronta!

lunedì 21 febbraio 2011

Zabajone e pettegolezzi di campagna



Ecco che vengo a parlarvi di un classico: lo zabajone. Mia nonna mi raccontava che quando abitava in campagna e una qualche vicina di casa, con la scusa di chiedere in prestito qualcosa o semplicemente “perché passavo di qui” si fermava per spettegolare saporitamente su qualche compaesano, era d’obbligo offrire un bicchierino di zabajone caldo. Lo si faceva sul momento, con un uovo preso dal pollaio e il marsala o, se mancava, il vino bianco ed in inverno riusciva a togliere il freddo dalle ossa e a riscaldare il cuore!

Ecco dosi e procedura: 1 tuorlo, 1 cucchiaio di zucchero raso, 1 guscio di marsala. A tutto ciò, se si ha paura di far “impazzire” lo zabajone, si può aggiungere una punta di cucchiaio di farina o di fecola!



Ovviamente il tutto va moltiplicato in base alla quantità che se ne vuole fare. Con due uova per esempio si ottiene una tazza da tè di crema. In ogni caso si procede sbattendo i tuorli con lo zucchero finché sono spumosi.

A questo punto si aggiunge il marsala (e la farina) e si pone sul fornello. Si continua a mescolare finché la crema di addensa (“vela il cucchiaio”, come si usa dire), ma se c’è la farina potete permettervi di lasciarla arrivare al bollore.



Toglietela dal fuoco e mescolatela energicamente per “gonfiarla”. A questo punto è pronta e potete servirla alla votra vicina gossippara!

...oppure potete tenere da parte lo zabajone ed usarlo per farcire bigné o torte (per esempio la torta al vento), per decorare il gelato, per fare una meravigliosa crema chantilly (all’italiana ovviamente) ecc. ecc.

Humor: Gobi la gatta pitagorica

domenica 20 febbraio 2011

Le crêpe di madame Cannetò!

Quando FOM si comporta bene, come ogni bravo animaletto che si rispetti, riceve in premio uno spuntino goloso...  ovviamente data la sua voracità lo spuntino diviene uno "spuntone" e quindi spesso si trasforma in una vera e propria cena.
Fra i suoi spuntini  preferiti, oltre alle già citate "polpette di maiale felice", ci sono le crêpe che mangia avidamente (dalle otto alle quindici alla volta a seconda di quanto latte è riuscito a rubarmi mentre le preparo) condite in qualsiasi modo, tranne che con i funghi che sostiene di non gradire, così  tanto per darsi un tono e far finta di avere anche lui delle preferenze alimentari.

La ricetta delle crêpe che preparo solitamente, risale a circa una quindicina d'anni fa e mi è stata data da una vispa signora di Tours da cui sono stata ospite alcune settimane tantissime estati orsono.
Ricordo che ne preparava intere montagne e le serviva dopo cena impilate una sopra l'altra su un grande piatto, accompagnate da un gigantesco barattolo di nutella e marmellate varie. E così si consumava una specie di rituale, in cui, a turno, ogni ospite a tavola prendeva una crêpe nel suo piatto, la ricopriva di nutella o marmellata e la mangiava con gusto. Il giro continuava fin quando tutte le crêpe nel piattone finivano. E vi assicuro che finivano subito.



Ecco quindi che oggi vi propongo la ricetta base delle crêpe così come l'ha data Madame Cannetò.
La ricetta, come vedrete, è senza zucchero, a differenza di quelle che si trovano solitamente.
Madame Cannetò infatti sosteneva che le crêpe vanno cotte senza zucchero perché sennò si anneriscono, perché lo zucchero si brucia. Credo che questa fosse una sua opinione personalissima e assolutamente non supportata da "teorie gastronomiche", tuttavia ho sempre continuato anch'io a farle seguendo il suo procedimento, perché in questo modo le crêpe possono essere utilizzate sia per preparazioni dolci che salate e in ogni caso vengono buonissime.

Dosi: 500 gr. di farina, 6 uova fresche, latte quanto basta, burro.

Procedimento: Sbattere con una forchetta le uova in una ciotola abbastanza grande. Quando le uova saranno ben sbattute aggiungete lentamente la farina mescolando bene in modo che il composto diventi omogeneo. Si formerà a questo punto una palla di pasta. Aggiungete quindi molto lentamente anche il latte. Non aggiungetene di nuovo fin quando quello presente nella ciotola non è ben amalgamato con il resto della pastella, non abbiate fretta o si formeranno i grumi. Continuate ad aggiungere il latte fin quando la pastella non diventa fluida (ovviamente non esagerate troppo nel renderla liquida, male che va se in cottura vi rendete conto che è troppo solida potrete aggiustarla aggiungendo latte). Riponete in frigorifero per una mezz'ora a riposare.
Nel frattempo preparate una padella antiaderente dai bordi molto bassi (a meno che non possediate la piastra apposita) cospargendola con poco burro di buona qualità.
Il burro è un elemento essenziale delle crêpe e quindi deve avere un buon sapore. Volendo si può usare al posto del burro l'olio, le crêpe verranno lo stesso, ma il sapore finale non è ovviamente lo stesso. Una vera crêpe che si rispetti infatti deve sapere di latte, uova e burro cotto!
Mettete quindi la vostra padella sul fuoco e quando è ben calda versate con un piccolo mestolo la pastella girando la padella in modo che il composto sia ben uniforme e sottile. La prima crêpe probabilmente non verrà molto bene a causa dell'eccesso di burro (io la dò sempre a FOM e lui la mangia scondita leccandosi i baffi e pregustando quelle successive), non preoccupatevi le altre saranno perfette.

Dopo pochi minuti quando è ben solida girate la crêpe dall'altro lato per farla cuocere in modo uniforme. Se siete abili con la padella potete provare a farla saltare in aria, io personalmente la giro (anche perché correrei il rischio di farla finire direttamente in bocca a FOM) sollevandone un angolo con la punta della forchetta o di una paletta e usando poi direttamente le dita. Se la padella è veramente antiaderente non avrete problemi.

Quando è cotta riponetela in un piatto e procedete allo stesso modo con tutto il resto della pastella e pan mano che le crepe sono pronte impilatele una sull'altra. Alla fine avrete anche voi la vostra bella montagna di crêpe!

Come vi dicevo potete servirle un po' come volete. E se le volete servire calde vi basterà rimetterle in padella e riscaldarle inserendo dentro il condimento desiderato e poi ripiegandole.

Ieri ne ho fatte un po' alle mele.



Se vi va di sperimentarle, ecco come fare:

Sciogliete nella padella, ancora sporca di burro, dello zucchero con un po' d'acqua in modo da ottenere uno sciroppo abbastanza liquido, aggiungete quindi delle mele tagliate a tocchetti e fatele cuocere fin quando non sono cotte (se l'acqua si asciuga troppo aggiungetene un pochino durante la cottura). Se vi piace l'aroma aggiungete della cannella in polvere.



Prendete quindi una delle crêpe che avete preparato, adagiatela delicatamente nella padella in modo da farle assorbire lo sciroppo mentre con una paletta prendete i tocchetti di mela e inseriteli all'interno.



Poi ripiegate la crêpe  su se stessa, spolveratela con un po' di zucchero e cospargete la padella con un po' di burro. Girate a questo punto la crêpe ripiena dall'altro lato aiutandovi con la paletta in modo da far caramellare lo zucchero e rifate la stessa cosa con l'altro lato.



A questo punto la crêpe è pronta. Servitela calda, magari con un filo di zucchero caramellato sopra.

sabato 19 febbraio 2011

Uova ripiene con peperoni e capperi

Visto che Zagà è intenzionata a farvi preparare tutto il nostro buffet, mi adeguo e porto anch’io il mio contributo. Ecco una delle tapas di uova: una delle tante varianti delle uova ripiene, qui proposte in piccole e grazione coppettine trasparenti. Le dosi sono approssimative... spero mi perdonerete per questo! Proprio non saprei come fissarle in modo definitivo.

Per circa 10 uova: -un vasetto di maionese (a meno che siate in vena di farvela in casa!) -peperone rosso 1 -capperi un vasetto piccolo (io qui preferisco quelli sott’aceto) -olio d’oliva -aglio 1 spicchio piccolo -aceto (facoltativo) -insalatina (per decorare)... spero di non essermi dimenticata niente!

Procedimento: Innanzitutto lessate le uova. Mettetele a bollire in acqua per i canonici 10’ e passatele poi sotto l’acqua fredda. Lascatele nell’acqua fino al momento di sgusciarle, così la pellicina interna resterà bagnata e l’operazione risulterà più facile.

Tagliate i peperoni a dadini piccoli (sono maniacale col taglio delle verdure, lo so) e tritate finemente l’aglio. In una padella antiaderente rosolate leggermente l’aglio con qualche cucchiaio d’olio, quindi aggiungete i peperoni. Cuocete a fuoco medio, finché i peperoni son teneri; a quel punto unite i capperi leggermente strizzati (se usate quelli sotto sale invece lavateli!). Completate la cottura, alzando la fiamma verso la fine e aggiungendo un poco d’aceto se è di vostro gusto. Salate e lasciate raffreddare. Nel frattempo potete dedicarvi ad un’attività amena e ricreativa: sbucciare le uova.



Assemblaggio: mescolare i peperoni freddi con la maionese (le proporzioni dipendono dai gusti). Tagliare a metà le uova sode e togliere delicatamente i tuorli con l’aiuto di un cucchiaino. Versare un cucchiaino di peperoni e maionese sul fondo dei bicchierini, quindi mescolare il resto con i tuorli, precedentemente schiacciati con una forchetta. Con questo composto si farciscono le mezze uova e si uniscono a due a due, con in mezzo un paio di foglioline d’insalatina. Si appoggiano nei bicchierini e... abbiamo finito! Adesso potete mangiarvi le vostre uova ripiene!!!!

venerdì 18 febbraio 2011

Papas en amarillo (patate giallo zafferano)

Continuo il resoconto delle tapas preparate per il brunch di domenica scorsa postandovi la ricetta delle Papas en amarillo.



Si tratta di uno stufato di patate tipico della cucina andalusa e di cui, come per molti piatti della tradizione "popolare", non esiste una ricetta canonica.

Ogni famiglia le cucina a modo suo aggiungendo o togliendo qualche ingrediente su una base fissa di papas (termine con cui in Andalusia e sud America si indicano le patatas) e azafran che conferisce il caratteristico aroma e quel colore amarillo (giallo) che le rende particolari e ricorda i profumi e i colori della cucina araba.

Le dosi sono ad occhio, potete variarle in base a quali sapori e aromi preferite far prevalere o aggiungere altri ingredienti:

2 kg di patate, circa 3 spicchi d'aglio, circa 2 cipolle medie, 2 foglie di alloro, 1 peperone giallo (o rosso se volete variare un po' i colori), due bustine di zafferano, un po' di cumino macinato, olio d'oliva extra vergine, sale e mollica di pane sbriciolata.

Preparazione:

Prima di tutto fate soffriggere in una padella (possibilmente antiaderente) una discreta quantità d'olio d'oliva extravergine con l'aglio tagliato finemente, la cipolla tagliata a rondelle sottili e le due foglie di alloro.
Aggiungete quindi il peperone tagliato a striscioline sottili. Fate soffriggere ancora un po' tutti gli ingredienti facendo attenzione a non farli attaccare sul fondo e salate. Dopo aver sciolto una delle bustine di zafferano in poca acqua aggiungetelo nella padella mescolando bene facendo cuocere qualche minuto.



A questo punto aggiungete le patate tagliate a pezzi non troppo piccoli e dopo averle fatte cuocere tre/quattro minuti nell'olio aggiungete dell'acqua fino a coprirle, abbassate le fiamma, e fatele cuocere lentamente con un coperchio. Dopo una decina di minuti controllate la cottura e se si sono asciugate troppo e le patate non sono ancora cotte, aggiungete un poco d'acqua mescolando. Quando le patate sono finalmente morbide aggiungete il cumino, l'altra bustina di zafferano sciolta con un po' olio, la mollica di pane sbriciolata e mescolate bene. Controllate se sono "giuste di sale" e se vi sembrano troppo asciutte aggiungete altro olio. Lasciate quindi ancora qualche minuto sul fuoco mescolando bene in modo che la mollica si amalgami bene con il resto.

Potete servire sia calde che fredde.

giovedì 17 febbraio 2011

Il Biancomangiare medievale &...

Biancomangiare madievale & minibudino caldo di riso come “biancomangiare” di magro



Il biancomangiare nel medioevo non era un dolce.

Quest’unica e solitaria frase d’apertura sia di monito a tutti coloro che già al leggere preassaporano i dolce muosseus del blancmanger della pasticceria francese recente. Il biancomangiare medievale era una preparazione che doveva avere tre caratteristiche: essere bianca, di consistenza cremosa e di sapore delicato. Appare frequentemente nei ricettari francesi, ma in realtà è presente in tutt’Europa, come spesso accade per una cucina colta che non è esclusivamente collegabile a determinate aree geografiche e/o linguistiche. La cucina dei ricettari medievali è come il latino: ovunque, ma solo per chi appartiene alle classi più colte e ricche.

Le ricette sono diverse tra di loro e possono usare latte di mucca, di capra, di mandorle, di noci, ecc. se è giorno “di grasso” spesso contiene petto di pollo pestato nel mortaio per ridurlo in filamenti sottili e alla fine, ovviamente, viene completato con una spolveratina di zucchero! ...per farla breve, tra tutte le bizzarrie di quella lontana epoca, i biancomangiare sono tra quelle più lontane dal nostro gusto! E allora che fare nel momento in cui si tenta di ricreare la tavola di allora? Accantonarli o cercare un modo per evitare che il classico “ecco, c’era da aspettarsele queste porcherie” del commensale poco meno che fanaticamente patito??? (il “fanaticamente patito” ingollerebbe tutto con religiosa compunzione, fosse pure una suola di scarpa, solo perché è medievale!!!!).

La ricetta che segue riprende quella del biancomangiare dei Diversa Servicia, un testo di cucina di area inglese, ed è praticamente una specie di risottino scotto, per dirla in modo poco carino J . in origine era prevista aragosta, ma credo che ci si possa prendere la libertà di sostituirla con altri crostacei meno nobili, senza tradire lo spirito del piatto. Ovviamente le dosi sono mie, dato che raramente vengono indicate.

Bianco mangiare con crostacei

Dosi per 4  coppette

-latte di mandorle (ottenuto frullando 150 g di mandorle bianche con ½ l d’acqua e poi filtrando con un panno pulito), riso g 180, olio dolce (noci o mandorle, in alternativa un semi), mandorle bianche 2 cucchiai, 6 o 7 gamberi possibilmente col guscio, spezie dolci (zenzero, cannella e noce moscata), sale.

Lavare il riso (per togliere l’amido in eccesso) e metterlo a lessare con il latte di mandorle. Lessare brevemente i crostacei interi in poca acqua, tenerli da parte e unire il brodo all’acqua del riso. Il riso deve spappolarsi e diventare una crema (se il latte non basta, aggiungete acqua calda), a quel punto salarlo leggermente.

Sgusciare e tagliare a pezzi i crostacei e le mandorle e saltarli in padella con l’olio. Servire il biancomangiare in coppette individuali, guarnendolo con una spolverata di spezie e sopra un po’ di crostacei.

La scelta delle coppette individuali è ovviamente arbitraria. Potete invece usare ciotole più grandi, ma in quel caso ognuno dovrà aver a disposizione un piatto per travasare, dato che difficilmente i vostri commensali accetteranno di mangiare affondare il cucciaio tutti (o a coppie) nella stessa ciotola, come era uso nel medioevo.

NOTA: per la struttura del pasto medievale si rimanda al sito di Qdiquoco

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minibudino caldo di riso come “biancomangiare” di magro



Nel piatto con i 5 minibudini di un mio precedente post ce n’era uno liberamente ispirato a questo biancomangiare medievale, ma con l’utilizzo di seppie anziché di gamberi. Eccolo:
















Dosi per 3 sformatini 

Sformatino:
 

Guarnizione
-riso g 120 

-latte di mandorle (120 g mandorle bianche frullate con ½ l d’acqua e poi filtrate)

-seppioline g 60

-cipolla un pezzettino

-olio d’oliva

-sale

-maizena o fecola
-mandorle bianche 60 g 

-olio d’oliva

-paprika dolce

-sale

Lavate il riso e ponetelo a cuocere nel latte di mandorle. A parte rosolate la cipolla con l’olio e unite poi le seppioline, con qualche cucchiaio d’acqua. Coprite e portate a cottura. Qualdo il riso sarà quasi cotto, unire le seppioline tagliate a pezzetti e tutto il loro sugo.

Ungete e spolverate di maizena gli stampini e versatevi il riso. Ponete in forno caldo per 15’, perché si compatti. Lasciar riposare qualche minuto prima di sformare delicatamente.

Guranizione: tagliare grossolamanemte le mandorle e insaporirle rosolandole con l’olio d’oliva e un pizzico di sale. Versare sugli sformatini, completando con una spolverata generosa di paprika

POP e Nisetta :-)

mercoledì 16 febbraio 2011

Torrijas!

Eccovi, come promesso, la ricetta della prima tapas dolce che ho preparato per il brunch di domenica.

Le torrijas sono un dolce tipico della Spagna dalle origini abbastanza antiche che normalmente viene preparato durante il periodo pasquale, per la precisione durante la Settimana Santa.
Sono molto simili al corrispettivo pan perdu francese, anche se più aromatiche e golose grazie anche all'aggiunta del miele probabilmente retaggio di origine araba.
Son davvero deliziose anche se consumate qualche giorno dopo la preparazione e molto pratiche se si vuole smaltire un po' di pane avanzato e, malgrado l'apparenza, sono anche molto leggere (per la serie che senza accorgertene ne mangi dieci e poi ti ritrovi con una taglia in più in un secondo) ;)!



Ingredienti: un filone di pane abbastanza grosso, circa un litro di latte, una stecca di cannella, la buccia di mezzo limone, circa sei cucchiai di zucchero, 2 o 3 uova, olio di arachidi per friggere, miele per la copertura.

Preparazione: Tagliate il pane a fette spesse. E' preferibile che il pane sia del giorno prima in modo da non essere più tanto morbido, se però è fresco, dopo averlo tagliato, passatelo per alcuni minuti in forno a temperatura bassa in modo da farlo leggermente biscottare.
In un pentolino scaldate per circa 15 minuti il latte insieme alla cannella e alla buccia del limone (ovviamente non paraffinato e possibilmente biologico), quando si sarà raffreddato aggiungete lo zucchero mescolando bene. Nel frattempo sbattete in un piatto fondo le uova. Quando il latte sarà tiepido versatene una parte in un piatto o in un recipiente basso e iniziate ad immergere il pane in modo che ogni fetta sia ben impregnata da entrambi i lati. Dopo averle passate nel latte, ripetete per ogni fetta la stessa operazione passandole, questa volta, nell'uovo sbattuto. Mano a mano che le varie fette di pane sono imbevute di uova e latte, iniziatele a friggere in una padella dai bordi alti con olio caldo e abbondante.



Friggete poche fette di pane alla volta o si formerà troppa schiuma e girate ogni fetta in modo che la cottura sia uniforme. Quando sono cotte adagiate tutto su un abbondante strato di carta assorbente in modo da togliere l'olio in eccesso.



Quando tutte le fette saranno cotte e asciutte riponetele sopra un vassoio e fatele raffreddare. Nel frattempo fate scaldare in una padella del miele sciogliendolo con poca acqua e una parte della buccia del limone per aromatizzarlo. Quando il miele è liquido passatelo a cucchiaiate sopra le torrijas girandole per in modo che ne siano ricoperte in modo abbastanza uniforme. Sono da servire fredde e si conservano bene per un paio di giorni se conservate in frigo.

In alternativa se non volete ricoprirle di miele potete passarle nello zucchero semolato aromatizzato con un po' di cannella in polvere.

martedì 15 febbraio 2011

Senza farina e latte ma con maiale o vegetariano ma con entrambi? Dubbio amletico.

Ecco altri due minibudini! Qui li ho proposti come “secondo” e “contorno”, ma in realtà entrambi possono essere delle idee per un antipasto d’effetto.



4- contorno: fagotto di scrippellina ripiena di zucchine











Dosi per 3 sformatini Scrippelline: 

Ripieno e guarnizione:
-uova 1 

-farina 2 cucchiai

-latte qb

-sale

-noce moscata
-2 zucchine medie 

-olio d’oliva

-sale

-formaggio grattugiato 6 cucchiai

-un cucchiaio di sesamo

Per le scrippelle (dopo una serata passata a fare circa un centinaio di scrippelle per me le crepes hanno semplicemente cessato di esistere J) mescolate la farina con l’uovo e aggiungete latte q.b. per avere una consistenza semiliquida. Cuocetele in una pentola antiaderente o, se l’avete, con gli strumenti appositi per fare le crepes. Dovrete ottenere dei bei cerchi con uno spessore molto sottile. Naturalmente sto dando per scontato che siate già abituati a fare le crepes, ma se non è così scrivetemelo che vi spiego.

In un’altra pentola antiaderente cuocete le zucchine, tagliandole a pezzetti nel modo che più vi piace (io le faccio sempre a bastoncini, perché non ho gran simpatia per il taglio a rotelle). Cuocetele a fiamma media con un poco di olio, mescolando spesso ma senza aggiunta di acqua. Verso metà cottura salate. Dovranno risultare ben rosolate ed asciutte.

Per realizzare i fagottini procedete in questo modo: adagiate una scrippella nello stampo, facendola scendere e aderire come possibile alle pareti. Versate sul fondo un cucchiaio di formaggio, coprite con le zucchine e completate con un altro cucchiaio di formaggio. Chiudete il fagotto piegando i lembi della scrippella come se faceste un pacchetto e bloccate con uno stuzziacdenti. Passate in forno a 180° per 15’ e servite poi caldi, guarnendoli con un filo d’olio e una spruzzata di sesamo.



5- secondo: sformatino con salsiccia e salsa di prugne











Dosi per 3 sformatini
Sformatino: 

-patate g 300

-1 uovo

-50 g di maizena o fecola

-150 g di salsiccia saporita

-olio, noce moscata e sale
salsa: 

-prugne secche 100 g

-vino rosso ½ bicchiere

-zenzero in polvere

Lessate le patate e schiacciatele in uno schiacciapatate (lasciate pure la pelle, perché resterà tutta nello schiacciapatate). Mescolate la patata bollente con la maizena, in modo da “scottarla”. Quando poi si sarà raffreddata un poco unite anche l’uovo, il sale e la noce moscata.

Nel frattempo cuocete la salsiccia con pochissimo olio e, una volta cotta, sbriciolatela.

Per la salsa: ammollate le prugne in un poco di acqua calda (1/2 bicchiere). Quando sono morbide, frullatele e unitele al vino. Mettete sul fuoco in un polsonetto e portate a bollore. Dopo un paio di minuti togliete perché lo scopo è solo di far evaporare l’alcool del vino.

Assemblaggio: ungete e spolverate di maizena gli stampini. Rivestiteli poi con uno strato di patata, lasciando nel cento un incavo che riempirete con la salsiccia. Chiudete con la patata rimasta e livellate. Passate in forno a 180° per una mezz’ora.

Servirte gli sformatini caldi, guarniti con la salsa. Il tutto sarebbe da completare infine con una spolveratina di zenzero in polvere, ma confesso che io me lo sono dimenticata...

DuetesteeQuattrofornelli Humor: Mirame! Mirame Rouge!