martedì 8 marzo 2011

Martedì grasso... pignolata al miele o cicerchiata?


... Ciascun apra ben gli orecchi,
oggi siàn, giovani e vecchi,
lieti ognun, femmine e maschi;
ogni tristo pensier caschi:
facciam festa tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza....




Qualche breve verso tratto dai Canti carnascialeschi giusto per ricordarvi che oggi è Martedì Grasso, quello che un tempo era l'ultimo giorno di caos e bagordi, in cui l'ordine sociale veniva sovvertito, ognuno diveniva altro da sè e ci si ingozzava fino a scoppiare per consumare tutte quelle pietanze grasse, unte o dolci, proibite nei giorni di quaresima...

E' abbastanza chiaro che la mia simpatia gastronomica vada tutta al "tempo di magro" in cui la carne era proibita, ma d'altronde lo spirito dionisiaco precristiano, che soggiace ben nascosto in tali feste, mi ha sempre molto affascinato...

E quindi, anche se nel tempo si è perso l'uso di far canti e balli per le strade, bevendo e mangiando fino a raggiungere l'ebbrezza dei sensi, penso sia giusto continuare a mantenere in qualche modo viva l'antica celebrazione dell'eterno ritorno della vita che rinasce, quanto meno in cucina, preparando i dolci tipici della tradizione.

Per questo motivo oggi vi presenterò quello che, almeno per me, è il dolce del martedì grasso per antonomasia:

la Pignolata al miele!


La ricetta della pignolata che vi posto, è quella che mia mamma (e sua madre prima di lei e così via indietro nel tempo) prepara ogni anno per Carnevale. E' una versione un po' più povera della tipica pignolata calabrese o di quella che si fa nella zona di Messina che prevede un impasto più ricco e una copertura di glassa bicolore al limone e cacao. Mentre assomiglia molto alle Cicerchiate, dolce tradizionale dell'Abbruzzo e dell'Umbria, dalle origini molto antiche e che, secondo alcuni, risalirebbe addirittura ad un dolce latino che veniva fatto durante i Baccanali.



Dosi: 1 uovo ogni 100 grammi di farina (fate conto che con 1 uovo ne viene un piatto piccolo che può bastare al massimo per due persone), olio extravergine d'oliva, miele q.b., la buccia grattugiata di un limone biologico.



Procedura: Impastare insieme uova e farina fino ad ottenere una bella palla omogenea.

Quindi tagliatela in piccoli panetti e formate dei lunghi serpentelli sottili. Mano a mano che formate i serpentelli tagliateli con un coltello a dadini (più saranno piccoli i dadini, più la pignolata sarà croccante, per cui la grandezza dipende dal vostro gusto. Io personalmente li preferisco spessi più o meno come un dito, croccanti al punto giusto).

A questo punto prendete una padella dai bordi alti (se ne fate molta è preferibile utilizzare una pentola così potrete friggere più velocemente ed eviterete che la schiuma dell'olio fuoriesca) e riempitela d'olio d'oliva extravergine. Quando l'olio è ben caldo iniziate a friggere poco alla volta i dadini di pasta. Vedrete che a contatto con l'olio si gonfieranno immediatamente assumendo la forma di piccole palline.


Quando saranno ben dorate, scolatele adagiandole su uno strato di carta assorbente in modo da togliere bene l'olio in eccesso.


Quando tutte le palline saranno pronte prendete una padella dal fondo antiaderente e fate sciogliere del miele insieme alla buccia grattugiata di un limone. Quando il miele inizierà a bollire versate nella padella le palline fritte e mescolate per bene. Togliete quindi dal fuoco e versate su un ripiano di marmo su cui avrete preventivamente passato uno strato d'olio (in alternativa se non avete il marmo preparate un piatto ricoprendolo con della carta da forno su cui avrete passato dell'olio, attenti a passare bene l'olio o si attaccherà tutto) e poi versate pian piano la pignolata formando una grossa ciambella.

Aspettate che si raffreddi per bene e poi servite.

2 commenti:

  1. onnivora ma piddicchiusa10 marzo 2011 alle ore 20:38

    nella cucina calabrese ci sono tutte le versioni. nel reggino (inteso come il territorio della provincia) si usa di più la pignolata con glassa metà bianca e metà al cioccolato. secondo me questa versione è "sdingante" cioè dopo un po' stufa perché è troppo dolce. invece nel catanzerese si usa di più la versione con miele e "diavolicchi" colorati sopra. mia nonna per fare dei pezzettini/porzioni li staccava dalla massa di miele con dei pezzi di buccia di arancia tenendoli in mano come fossero piccole presine. un po' come si fa con il torrone in casa. e così avevano anche un leggero profumo di arancia. invece contesto che questa ciambella di pignolata si chiami cicerchiata. a me un compagnuccio delle elementari proveniente da cosenza disse che la cicerchiata era una girella fatta con uvetta e pasta sfoglia. me l'ha anche regalata prima di pasqua. mica mi vuoi dire che quel bambino mi raccontava frottole... vabbè che essendo un principio di uomo tutto è possibile ma cavoli mi cade il mito del primo filarino alle elementari no eh!!

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  2. Il bello della cucina povera e tradizionale è proprio questo... si trovano migliaia di varianti di dolci con lo stesso nome o dolci identici che hanno nomi diversi :)
    per cui con buona probabilità il bimbo romantico delle elementari non contava frottole (malgrado il cromosoma Y) e davvero a Cosenza (o semplicemente a casa sua) la cicerchiata è una girella di sfoglia... e chi lo sa?
    Avremmo bisogno di qualche altro autoctono della zona per scoprirlo e poter fare una statistica più precisa... :)

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